Approvata la nostra proposta di legge a tutela delle libere professioni e sull’equo compenso

Questa mattina, nella seduta del Consiglio regionale, è stata approvata la nostra proposta di legge in materia di tutela delle libere professioni e di equo compenso.

La proposta di legge si propone di tutelare e sviluppare lo svolgimento delle attività professionali, sia attraverso procedure amministrative che garantiscano il pagamento dei loro compensi da parte di committenti pubblici e privati, contrastando, nel contempo, ogni forma di evasione fiscale, sia mediante l’accesso dei professionisti agli interventi di cui alla legge regionale 31 marzo 2003, n.6 (interventi regionali per lo sviluppo delle imprese industriali e artigiane).

La proposta di legge, inoltre, risponde all’esigenza di dare attuazione al riconoscimento del diritto dei professionisti e dei soggetti che svolgono professioni non organizzate disciplinate dalla legge 14 gennaio 2013 n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) e successive modifiche, all’equo compenso per le prestazioni rese a favore di committenti pubblici, alla luce delle disposizioni dell’articolo 24 del d.lgs.18 aprile 2016 (Codice dei contratti pubblici), come integrato dal d.lgs.56/2017, che, nel disciplinare i servizi di progettazione di lavori pubblici, stabilisceche il compenso è determinato in maniera proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, e vieta alle Pubbliche Amministrazioni di condizionare la corresponsione dei compensi al finanziamento dell’opera progettata, nonché di prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso.

Qui di seguito il discorso del vice Presidente Paolo Sammaritani.

«Gentili Colleghi, mi preme innanzitutto porgere i ringraziamenti a tutti i colleghi firmatari della presente proposta di legge, ai componenti della terza  commissione che ha proceduto alle audizioni, all’attento esame del testo ed alla sua votazione all’unanimità ed all’ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio i cui componenti hanno collaborato alla verifica del testo originariamente proposto, fornendo preziosi suggerimenti per rendere il medesimo efficace e coordinato con le disposizioni vigenti e in particolare con le norme che vengono modificate con questo intervento normativo.

Ringrazio altresì, in modo particolare, i Presidenti degli Ordini professionali che hanno portato un contributo fattivo e competente alla formulazione di alcuni degli articoli della legge, in modo da renderli più efficaci, anche alla luce dell’esperienza “sul campo” maturata dai professionisti allo svolgimento delle cui attività questa legge vuole fornire maggiori tutele e riconoscimento.

E’ doveroso fare un breve excursus storico, che pur riguardando una materia complessa, cercherò di sintetizzare al massimo, per comprendere dove trova origine e necessità questa legge, così come quelle che sono oggi allo studio anche a livello nazionale.

Come tristemente noto in tutto l’universo delle libere professioni il cd decreto Bersani (legge n. 248 del 2006, di conversione del decreto-legge n. 223 del 2006), ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l’obbligatorietà dei minimi tariffari che erano garanzia civile e costituzionale della congruità dei compensi rispetto al lavoro.

Il definitivo sgretolamento del sistema tariffario è avvenuto successivamente sotto la spinta del governo iper liberista Monti che, con l’art. 9 del D.L. n. 1/2012, ha prodotto l’aberrazione massima: l’abrogazione definitiva delle tariffe delle professioni regolamentate (oltre ai minimi, vennero infatti abrogati anche i massimi tariffari), introducendo una nuova NON disciplina del compenso professionale, che divenne di fatto legato e soggetto alle sole leggi di mercato, con l’effetto che i contraenti forti (grandi aziende, banche, assicurazioni, finanziarie e, purtroppo, anche le pubbliche amministrazioni) andarono ad imporre ai professionisti tariffe sempre più basse e sempre meno remunerative, scatenando una gara al ribasso che fecero diventare spesso antieconomiche le aggiudicazioni degli incarichi professionali, proprio perché non c’era più il sistema tariffario che si basava proprio sulla proporzionalità tra lavoro e costo/importanza dell’opera.

Questa totale deregolamentazione ha portato alla situazione iniqua per cui  i professionisti forti e strutturati (molto pochi), che godevano di posizione di privilegio sul “mercato”, hanno potuto aumentare i prezzi ben oltre il limite dettato dalle precedenti tariffe massime, mentre la stragrande maggioranza dei professionisti, direi la quasi totalità, e molto spesso i giovani, è stata costretta a ridurre sempre più le richieste di compensi fino ad arrivare a situazione grottesche; vedi i casi in cui, e sono fatti realmente accaduti, si è redatto un intero piano regolatore per il compenso figurativo di un euro, quando non addirittura a prezzo zero, mentre si diffondevano in rete improbabili compensi per la redazione, ad esempio, degli Attestati di Prestazione Energetica (APE) o dei collaudi di interi edifici etc., nemmeno sufficienti a pagare le spese vive ove si svolga l’incarico secondo i crismi di legge.

E qui, mi si permetta un inciso dettato dalla mia deformazione professionale, il tutto con buona pace di alcuni giudici che sono giunti, anche di recente, ad avvallare e ritenere legittima questo abominio, affermando, fra le altre cose pittoresche che per il professionista è un vantaggio lavorare gratis perché: “fa curriculum”.

È chiaro che compensi così al di sotto degli ex tariffari minimi portano all’assoluta mancanza di qualità delle prestazioni e, di conseguenza, alla mancata tutela del consumatore e dei cittadini in generale, oltre che ad una violazione del principio costituzionale di cui all’art. 36 che afferma che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro.

Non si comprende ancora oggi cosa abbia spinto il legislatore ad abrogare le tariffe delle professioni ordinistiche, ma probabilmente si è trattato di un frettoloso capriccio di matrice meramente ideologica, pertanto non supportato da alcun dato o studio specifico sulla condizione del momento degli interessati o sulle logiche che articolano il lavoro delle professioni intellettuali del Paese, una dato che il legislatore avrebbe dovuto approfondire prima di articolare un sistema così penalizzante e pericoloso per i professionisti e per l’intera sfera sociale.

Dopo il 2006 è così iniziato un complesso e tormentato percorso che ha visto molti Ordini professionali impegnarsi sul fronte della tutela del diritto dei professionisti ad un “equo compenso” e fra questi, fra i primi, gli avvocati con il Consiglio Nazionale Forense che ha avviato tavoli di lavoro per affrontare il tema e sensibilizzare sia i professionisti che le forze politiche e poi il legislatore a livello nazionale.

Io stesso, quando ero presidente dell’Ordine degli avvocati di Aosta, ho fatto parte di un tavolo di lavoro a Roma con il quale si iniziò questo percorso.

Grazie a tali interventi, prima la nuova legge professionale forense e poi altri interventi normativi (fondamentali l’art. 19-quaterdecies del decreto-legge n. 148 del 2017 -cd. decreto fiscale- e l’art. 1, commi 487 e 488, della legge n. 205 del 2017 -legge di bilancio 2018-) hanno disciplinato l’equo compenso per le prestazioni professionali, dove, all’art. 13 bis, si considera equo il compenso determinato nelle convenzioni quando risulti proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenuto conto del Decreto Parametri definito dai decreti ministeriali di attuazione del decreto-legge n. 1 del 2012.

Questa spinta alla revisione di quegli sciagurati interventi normativi di Bersani e Monti ha trovato sensibilità e, seppur parziale, realizzazione in interventi normativi, più e meno, incisivi in ambito regionale, mentre a livello statale il tema è più che mai all’ordine del giorno: basti pensare che attualmente vi sono ben tre proposte di legge che hanno iniziato il loro iter legislativo in Parlamento.

Era quindi tempo che anche la nostra regione si dotasse di uno strumento normativo che riconosca il diritto dei professionisti all’equo compenso nei confronti della Pubblica Amministrazione, unico ambito in cui noi legislatori regionali possiamo intervenire, ma è comunque un primo passo importante e fondamentale.

Unico piccolo rammarico è che l’iter di questo intervento normativo, iniziato nella scorsa consiliatura nel luglio 2019 e praticamente completato, trovò lo stop cagionato dalla prematura fine di quella legislatura nel 2020.

Fatte queste doverose premesse, pertanto:

Ritenuto che il valore sociale ed economico delle prestazioni professionali debba essere pienamente riconosciuto, la presente proposta di legge si propone di tutelare e sviluppare lo svolgimento delle attività professionali, sia attraverso procedure amministrative che garantiscano il pagamento dei loro compensi da parte di committenti pubblici e privati, sia mediante la previsione di una forma generale di applicazione di compensi equi nei rapporti fra professionisti e Pubblica Amministrazione contrastando, nel contempo, ogni forma di evasione fiscale. La proposta di legge, infatti, risponde all’esigenza di dare attuazione al riconoscimento del diritto dei professionisti e dei soggetti che svolgono professioni non organizzate disciplinate dalla legge 14 gennaio 2013 n. 4 (Disposizioni in materia di professioni non organizzate) e successive modifiche, all’equo compenso per le prestazioni rese a favore di committenti pubblici, alla luce delle disposizioni dell’articolo 24 del d.lgs.18 aprile 2016 (Codice dei contratti pubblici), come integrato dal d.lgs.56/2017, che, nel disciplinare i servizi di progettazione di lavori pubblici, stabilisce che il compenso è determinato in maniera proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, e vieta alle Pubbliche Amministrazioni di condizionare la corresponsione dei compensi al finanziamento dell’opera progettata, nonché di prevedere quale corrispettivo forme di sponsorizzazione o di rimborso; preso atto altresì che il decreto legge 16 ottobre 2017, n.148, convertito in legge 4 dicembre 2017, n.172, con l’art.19 quaterdecies ha esteso il principio, definito dell’equo compenso, alle prestazioni rese da tutti i professionisti, prevedendo che “La pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti” e ha definito vessatorie, fra le altre, le clausole del contratto di affidamento che consentono al committente di pretendere prestazioni aggiuntive a titolo gratuito.

La presente proposta di legge si compone di sei articoli.

Concludo quindi rinnovando i ringraziamenti fatti all’inizio di questa mia relazione, confidando che con l’approvazione di questa legge, anche la nostra regione possa essere annoverata fra quelle che tutelano il lavoro ed i lavoratori in tutte le loro espressioni, pubbliche e private, nel rispetto dei principi dettati dalla nostra Carta Costituzionale e senza irrazionali pruriti ideologici».

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