Defr: l’intervento di Erik Lavy

Nel corso del dibattito sul Defr è intervenuto anche il Consigliere Erik Lavy. Qui di seguito il suo intervento in Aula.

Negli anni ’70 è stato pubblicato un libro di fotografie dal titolo “Lassù gli ultimi”. Queste foto ritraevano persone che potevano essere i nostri padri o i nostri nonni intenti a fare mestieri che dopo di loro o sarebbero cambiati o sarebbero spariti. Oggi, se si incaricasse un fotografo di andare a fare foto in giro ad artigiani o commercianti, con mestieri diversi, vestiti diversi, oggetti diversi, avrebbero in comune con le persone ritratte 50 anni fa la stessa cosa: gli occhi. Occhi consci che dopo di loro, nessuno porterà più avanti i loro mestieri. 50 anni fa questo capitava perché il mondo andava avanti, si evolveva, oggi perché si sta tornando indietro. 

La Valle d’Aosta è un sistema delicato di equilibri culturali, linguistici, economici e sociali, basta un nulla per generale spostamenti di popolazione interni. Ad oggi, il dato più impattante, è che i 3/4 dei Valdostani abitano nel fondovalle e questo dato, da invertire assolutamente, non vede soluzioni nemmeno parziali nel Defr. La montagna nel Defr è una caricatura, un po’ come la neonata “aula natura” nella scuola Eugenia Martinet di Aosta: non bastano uno stagno o due piante pitturate su di un muro per emulare la natura, come non bastano due misure sul Defr per parlare di attenzione alla montagna. Partendo dalla scuola, oltre ai problemi noti riguardo alle segreterie o agli insegnanti, esiste quello della cultura scolastica: se si chiedesse ad un bambino di dire dove è Challand-Saint-Anselme o Rhêmes-Saint-Georges, non sapranno quasi sicuramente situarli. Stessa cosa vale nel chiedergli cos’è il Conseil des Commis, non sapranno cosa sia. Mentre sapranno individuare la Thailandia o l’Ecuador e sapranno raccontare la storia di Garibaldi. Il problema è culturale, non c’è più attenzione al territorio. Per non parlare dell’abbandono delle scuole di montagna quando dovrebbero essere i bambini del fondovalle a spostarsi in alto, se si considera la montagna un valore. E come potrà mai un giovane decidere di investire in un territorio che non conosce e che ha dovuto abbandonare? Solo un pazzo lo farebbe. E quale prospettiva si dà ai nostri giovani? L’occupazione nel settore pubblico. Ci rendiamo conto che la massima aspirazione dei miei coetanei è passare un concorso e diventare dipendenti pubblici rinchiudendosi in un ufficio in preda a pettegolezzi vari. Un giovane dovrebbe voler spaccare il mondo, inseguire i suoi sogni e invece chi fa questo spesso si trova in difficoltà, a pensare di aver sbagliato tutto. Non va così. Chi tiene in piedi la società sono i sognatori, non i dipendenti pubblici. Il settore pubblico è troppo centrale, troppi dipendenti che dove vivono? Nel fondovalle, nella Plaine, creando i comuni dormitorio che sono dei veri e propri obbrobri perché negano il senso di comunità che è sempre stato forte nei Valdostani. Ognuno con la sua villetta a non preoccuparsi dell’altro, e non è un caso che nelle proloco, negli Alpini, nei Vigili del Fuoco Volontari, ci siano sempre meno persone soprattutto nei comuni più popolosi. Serve dunque rivedere il PTP, per evitare un’ulteriore urbanizzazione del fondovalle ma anzi, serve favorire la ristrutturazione delle case dei nostri villaggi sburocratizzando e permettendo mantenere ricchezze architettoniche secolari che rischiano invece di perdersi. Si sta perdendo la cultura valdostana, i tetti in losa non sono più una priorità fuori dai centri storici, non ci sono quasi più giovani lauzeurs e anche quella è un’emergenza. 

È necessario un grande piano di marketing per attrarre le persone in montagna mostrando loro gli atouts positivi della vita nelle terre alte, ovvio, basilare è avere una connessione Internet ecco perché si deve accelerare per colmare il cosiddetto “ultimo miglio”. Servono aiuti, e vanno bene quelli sui piccoli impianti sciistici e sui piccoli esercizi di vicinato che mantengono in vita i piccoli comuni, ma serve soprattutto una cosa: la defiscalizzazione. Finché non converrà vivere in montagna, è ovvio che la gente dalla montagna se ne andrà o non ci tornerà. Serve la volontà di approfondire la questione della defiscalizzazione, attualizzando in senso moderno la zona franca, facendo proposte al governo nazionale per permettere esenzioni o modificazioni delle aliquote delle imposte. Questa volontà però non c’è. 

Oggi sappiamo benissimo chi sono gli “ultimi”, sono gli stessi di 50 anni fa… con una sola differenza: sono ancora meno. Non possiamo permetterci che quegli “ultimi” siano trasformati in fotografie sbiadite di una Valle d’Aosta che non esiste più.

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