L’intervento del Capogruppo Andrea Manfrin in Consiglio regionale.
Desidero innanzitutto ringraziare i colleghi che mi hanno preceduto perché, con i loro interventi, hanno delineato un quadro piuttosto chiaro di quella che è la situazione nella nostra Regione alla luce dell’emergenza Covid-19. Devo, mio malgrado, sottolineare l’imbarazzante silenzio della maggioranza su questo documento. L’impressione che si ha è che questo documento sia un assemblaggio di diverse posizioni che non hanno nulla in comune. Un po’ come se ogni parte di questa maggioranza abbia dovuto mettere il proprio cappello su un determinato argomento. Il Defr della Giunta precedente, va detto, era molto più dettagliato mentre questo è paralizzato dai veti incrociati e lo si vede dalle formulazioni fumose con cui è stato scritto. Se i componenti di una maggioranza non riescono a mettersi intorno a un tavolo per scrivere un documento condiviso, allora c’è un problema.
Nel Defr scrivete che la pandemia ha fatto emergere criticità che necessitano di ridefinire i bisogni della popolazione. Per rispondere a tutte le fragilità (disabili, anziani, nuove povertà…) è importante avviare un monitoraggio puntuale per recuperare i dati necessari ad elaborare politiche specifiche in materia sociale e sanitaria a cui il Piano sanitario e sociale dovrà dare le risposte ed evitare la troppa parcellizzazione presente attualmente.
Partiamo ad esempio dalla necessità, e lo scrivete anche nel vostro documento, di avere dati certi sulla situazione della povertà nella nostra Regione. A novembre 2020 presentai una iniziativa che chiedeva specificamente una ricognizione di questo tipo, poiché l’ultima indagine analitica sulla povertà in Valle d’Aosta venne svolta nel 2009, più di dieci anni fa. È evidente che da allora ad oggi nulla è stato fatto, e stiamo perdendo tempo prezioso se vogliamo contrastare la povertà creata dal Covid e dalla crisi economica collegata. I dati vecchi non possono aiutarci nella nostra azione politica.
Stesso discorso per la parcellizzazione di cui si parla e che dovrebbe essere superata dalla misura unica di sostegno al reddito, misura di cui, grazie a noi, si è già discusso in quest’aula. Addirittura avevamo presentato un ordine del giorno dove chiedevamo di arrivare alla misura unica, ma oggi come allora, a quattro mesi di distanza, siamo sempre allo stesso punto. Poche parole sulla carta, nessuna idea concreta nemmeno sulle misure da aggregare. Siamo nettamente in ritardo perché gli effetti negativi della pandemia non si fanno sentire da oggi ma da molto tempo prima.
Con riferimento alla popolazione anziana, parlate di riorganizzazione dei servizi in un’ottica di “regia unica”, che assicuri equità di accesso ai servizi ed un livello qualitativo degli stessi omogeneo su tutto il territorio. Quella riorganizzazione deve però riguardare anche le condizioni degli utenti perché non dobbiamo dimenticarci degli utenti allettati che necessitano di cure particolari a cui dobbiamo garantire le cure necessarie, ma anche di chi invece ha ancora modo di muoversi, di parlare, di socializzare. Questi devono essere stimolati e mantenuti attivi, e non trasformati in un pacco postale che può muoversi solo in carrozzella, anche se deambulante, e che deve fare ricorso ai presidi sanitari anche se non ne ha bisogno perché viene più comodo a chi gestisce la struttura.
Per quanto concerne le politiche di sostegno alle famiglie e alla prima infanzia, ci dite che è vostra intenzione diversificare e potenziare i servizi in un’ottica di conciliazione lavoro-famiglia.
Il sostegno alla famiglia non si manifesta, o non si manifesta solo, in una conciliazione dei servizi. Ci vogliono ingenti misure di supporto che incoraggino le nascite e facciano vedere l’arrivo di un figlio non come un costo da affrontare ma come un’opportunità di vita. Questo è l’obiettivo che dobbiamo avere se vogliamo assistere a un incremento della natalità. Come si può pensare di combattere il calo demografico senza un vero sostegno alla famiglia, al di là della conciliazione con il lavoro, che sia la garanzia di un asilo nido piuttosto che di un centro per la famiglia, che si tratti di un assegno di sostegno piuttosto che della garanzia di scelta di un plesso scolastico, e non di una scelta dettata dai numeri delle classi stabiliti a monte che renda completamente inutile il Piano triennale di offerta formativa.
Della misura unica di sostegno abbiamo già parlato, ma nel paragrafetto dedicato a questa leggiamo anche di “iniziative volte a prevenire o ridurre le condizioni di vulnerabilità̀ e marginalità̀ sociale prestando particolare attenzione alle nuove povertà̀ e alle categorie sociali maggiormente svantaggiate, sostenendo interventi territoriali per fronteggiare al meglio l’esplosione di nuovi bisogni e per fornire risposte sia agli utenti fragili sia ad un nuova potenziale utenza”.
Mi auguro che fra le nuove povertà vengano conteggiati quei genitori separati costretti a pagare alimenti che pesano comunque sul calcolo dell’Isee e che privano della possibilità di poter accedere ad alcuni aiuti che le attuali leggi garantiscono, arrivando al paradosso che una genitore che paga gli alimenti si trova senza soldi alla fine del mese ma non può accedere a nessun aiuto per limiti di reddito, mentre chi invece riceve il sostegno magari trova un lavoretto in nero ed arriva a guadagnare di più della controparte, ed è inutile che vi dica quale delle due parti si tratta 99 volte su 100 è costretta a pagare gli alimenti.
Arriviamo a una vexata quaestio, il terzo settore e, nello specifico, la coprogettazione e la coprogrammazione, che qualche parte politica di questa maggioranza giudica una immensa opportunità di sponda con le cooperative amiche.
Questa formula è quella preferita da chi vive di appalti, perché sa che presentando un banale progettino ci si può veder assegnato un servizio da milioni di euro, trascurando un piccolo, quasi invisibile particolare. È particolarmente in voga infatti l’idea di poter affidare servizi fino a ieri gestiti con normali gare, che garantiscono trasparenza, criteri oggettivi e competitività, con coprogettazioni i cui vincitori finali devono solo assicurarsi di aver scritto, in un lungo panegirico, le paroline giuste.
Peccato che, e lo dico a futura memoria per chi pensa di usare queste modalità, che le norme che regolano questo specifico settore dicano tutt’altro. Volete un esempio? La Delibera n. 32 dell’ANAC del 20 gennaio 2016 stabilisce che «La co-progettazione si sostanzia in un accordo procedimentale di collaborazione che ha per oggetto la definizione di progetti innovativi e sperimentali di servizi, interventi e attività complesse da realizzare in termini di partenariato tra amministrazioni e privato sociale e che trova il proprio fondamento nei principi di sussidiarietà, trasparenza, partecipazione e sostegno dell’impegno privato nella funzione sociale».
Che cosa significa? Che non posso affidare, lo dico per puro esempio, il servizio di assistenza domiciliare degli anziani, che fino a ieri veniva gestito con la gara, con la coprogettazione, spacciandolo per un servizio innovativo e sperimentale. Questa previsione, infatti, non può ricadere in questa fattispecie, a meno che qualcuno non mi spieghi che l’assistenza domiciliare per anziani, in vigore da decenni, sia un progetto innovativo. Lo dico prioritariamente perché sono solito avvisare prima che della questione vengano avvisati altri palazzi, e quindi prima di vedere un servizio pubblico affidato “intuitu personae”, piuttosto che “mentula canis”, è bene mettere le carte in tavola.
Nel documento sottolineate che una particolare attenzione verrà posta anche alle donne vittime di violenza. Mi auguro che nel contrasto alla violenza rientrino tutte le vittime di violenza e non solo qualcuna, poiché abbiamo già avuto modo di elencare in quest’aula che ci sono molteplici forme di violenza, e molteplici vittime, e tutte hanno diritto alla stessa attenzione, senza distinguere fra uomo e donna.
Anche sul settore dell’immigrazione ci sarà modo di intervenire sugli ordini del giorno, poiché è giusto che in questo momento di pandemia i valdostani sappiano chi pensa a loro e chi no. Invece segnalo che non si fa alcuna menzione della parte di edilizia residenziale pubblica che pure necessita di interventi e lo dimostrano le numerose iniziative che abbiamo presentato in Consiglio regionale.