L’intervento del Consigliere Luca Distort in occasione del Giorno del Ricordo.
«Voglio condividere con voi, colleghe e colleghi, una riflessione sulla storia e sui simboli: è così che, in vista del Giorno del Ricordo, che ricorre oggi, ribadisco il concetto già espresso in occasione della Giornata della Memoria. La commemorazione di un fatto storico non deve essere un atto autocelebrativo, soprattutto se il fatto storico è una tragedia che ha dei responsabili. Una commemorazione serve per il presente e per il futuro altrimenti è ritualismo, è “un bronzo che risuona, un cembalo che tintinna”, per dirla con Paolo, dalla lettera ai Corinzi. La commemorazione deve generare vigilanza, perché la storia si ripete, con tutte le sue varianti, ma si ripete e quindi, questa vigilanza deve essere ben informata, attenta e intelligente. Tutto questo si fonda sul rispetto della storia in tutta la sua verità: lo dobbiamo alla storia stessa e lo dobbiamo soprattutto a tutti quelli che sono stati gettati nelle foibe dopo essere stati trucidati e tanto più per quelli che orrendamente vi sono stati gettati ancora in vita. Noi, come istituzione, abbiamo il dovere di consegnare alle nuove generazioni il vigile e attento ricordo di quanto l’uomo può diventare diabolico, soprattutto quando un’ideologia diabolica ne giustifica gli atti e soprattutto quando una macchinazione condotta per decenni e decenni da parte degli interpreti e degli eredi di quella stessa ideologia hanno cercato e cercano tutt’ora di minimizzarne l’orrore. Oggi voglio rivolgere a tutti noi una raccomandazione, a noi come autorità, per avere il coraggio di dire che quel massacro ebbe dei sicari ben precisi, che furono i comunisti di Tito, con la responsabilità di altri comunisti italiani: questa è la verità storica. E la storia va trattata da storia con coraggio, con rispetto e con rigore. È noto che il comunismo di Tito fu un comunismo nazionalista, ma fu il comunismo di Tito a generare questa tragedia che nulla ha a che fare con i sussulti nazionalistici, per spiegare e nello stesso tempo per deviare la reale tragedia delle foibe.
L’invito che rivolgiamo oggi al Consiglio regionale, con l’impegnativa di questa mozione, è di affermare questo nostro ruolo istituzionale, questa vocazione civica a tenere viva la memoria, per generare rispetto, coscienza e vigilanza e non rimuovere assolutamente la verità storica dell’infame “tattica delle foibe”.
In questo obiettivo oggi proponiamo un atto simbolico, così come simbolo è l’allestimento a lutto delle bandiere presenti in quest’aula ed il simbolo, proposto da questa mozione, è l’intitolazione di uno spazio pubblico a Salvatore Radizza, fucilato il 2 ottobre 1943 a Curzola, insieme ad altri civili e militari italiani, come evidenziato dal riconoscimento del Ministero dell’interno.
Salvatore Radizza, padre di Antonio Radizza, diventato poi comandante di Compagnia presso il Battaglione Aosta, con il grado di Capitano e successivamente comandante del Battaglione stesso, con il grado di Tenente Colonnello e, a sua volta, padre del Generale di Brigata Paolo Salvatore Radizza che ha comandato il Centro Addestramento Alpino sino all’avvicendamento con l’attuale comandante Generale Matteo Spreafico, avvenuto nel settembre 2019.
La dedicazione è un atto simbolico, nel senso etimologico del termine: σύν + βάλλω cioè “mettere insieme e mettere, quindi, insieme oggetto e concetto.
E una comunità, con un atto di dedicazione, si riappropria di un meccanismo ben espresso dalla tradizione della nostra civiltà cristiana, dove la celebrazione non ha un ruolo ritualistico, ma liturgico, cioè evocativo, ascetico, che genera coscienza e forza: non a caso si usa la parola liturgia, che deriva dal greco ” λαός “, popolo ed “ἔργον”, opera, azione ma anche forza: cioè forza di un popolo.
Questo è il tenore delle azioni simboliche e noi oggi, con questa semplice mozione, diamo corso all’opportunità di attuarne una.
E ricordiamoci che una società che ignora la sua storia non ha passato ma soprattutto non ha futuro».